tradotto dall’articolo originale di Dimitry Fadeyev

Probabilmente avete visto qualcuno non esperto di tecnologia cercare di effettuare delle operazioni su un’interfaccia nuova, probabilmente con scarso successo. Forse quell’interfaccia era la vostra. Avete speso un numero incalcolabile di ore a semplificare, a rifinire il copy e a rendere tutto perfettamente chiaro, e ancora, guardate con confusione l’utente davanti a voi che lotta e inciampa sullo schermo, facendo tutto il possibile per andare in cerchio attorno agli elementi dell’interfaccia di cui di fatto ha bisogno, e che a voi sembrano così ovvi. 

Mentre leggevo il nuovo libro di Robert Greene, Mastery,  sono rimasto colpito da un’illuminazione. Nel libro, Greene esplora il processo del raggiungere la padronanza di una particolare abilità o professione, che, riassunta in breve, comprende praticarla per così tanto tempo che tutto ciò che è compreso viene interiorizzato e collegato nel cervello, che quindi permette di utilizzare questa esperienza in maniera intuitiva, invece che conscia. Colui che ha la padronanza del compito sente ciò che è giusto ancora prima di avere le parole per esprimerlo.  

Questo è proprio quello che succede a qualcuno che definiamo pratico del computer. Avendo usato un computer per un periodo di tempo veramente molto lungo, tutti i processi necessari per utilizzarlo sono stati interiorizzati, sono stati imparati e trasferiti al subconscio. Presentando una nuovo dispositivo o una nuova interfaccia utente, questa esperienza è intuitivamente collegata, cosa che permette a tale persona di capire il senso della nuova interfaccia quasi istantaneamente, senza pensieri consci. 

Usare un computer o navigare sul web non è considerata un’abilità tanto quanto lo sono suonare il piano o dipingere. Questo la inserisce in un contesto differente da tutti gli altri skill professionali e la fa sembrare non così importanti a coloro che lo fanno regolarmente. Stiamo parlando del mero uso del software, non del farlo funzionare. Software eccessivamente tecnici ricadrebbero nella categoria delle abilità, ma non le applicazioni o siti di uso comune. La nostra familiarità con innumerevoli varietà di software e hardware ci rende ciechi a quanto conosciamo e siamo abituati. Dato che abbiamo interiorizzato tutti i piccoli dettagli e sappiamo tutto in maniera intuitiva, non ci pensiamo. Infatti, non possiamo pensarci perché é proprio come allacciarsi le scarpe, non pensiamo consciamente ad ogni singolo passaggio del processo, lo facciamo intuitivamente. 

Certo, il fatto che un utente tecnicamente pratico sappia capire un’interfaccia utente più velocemente non è una rivelazione, ciò che mi interessa è quanto stiamo sottostimando gli effetti di essere familiare con una varietà di interfacce utente. Diamo per scontato che abbiamo passato anni a interiorizzare innumerevoli interfacce, imparandone ogni sfumatura, pattern e variazione, al punto che tutta questa esperienza ci arriva insieme come un’unità coerente e la usiamo intuitivamente, senza pensiero cosciente. Lo diamo per scontato perché non registriamo consciamente di sapere tutto questo. Le nuove interfacce ci appaiono semplici e basta, anche auto-esplicative.

Tutta la miriade di piccoli dettagli sono là nel nostro subconscio: tutta l’infinita varietà di bottoni, schede, link, finestre, pannelli e altro, tutto collegato insieme e pronto per essere richiamato nel momento in cui abbiamo bisogno di quell’esperienza. Abbiamo una sensazione per tutto questo. Non sappiamo quanta ce n’è perché al contrario dell’imparare ad allacciarsi le scarpe, non abbiamo mai acquisito questa esperienza attraverso un processo formale – cioè notando consciamente che ora stai per imparare qualcosa – l’abbiamo appreso con l’utilizzo quotidiano. 

Questo è ciò che rende l’esperienza di guardare qualcuno che non sia tecnicamente pratico così strana e sconcertante. La verità è che l’interfaccia che sembra così semplice è così semplice solo per noi, noi che abbiamo innumerevoli ore di esperienza nell’utilizzo di cose simili. Il nostro vantaggio è cambiato così gradualmente che non abbiamo notato mai neanche un movimento, e si è mosso così lontano che neanche ci ricordiamo più da dove siamo partiti. Infatti, anche riconoscendolo consciamente questo fatto non ci rivela l’estensione della differenza. Riconoscere che stiamo probabilmente sottostimando enormemente la nostra esperienza fa sì che guardare qualcuno lottare con una “semplice” interfaccia abbia molto più senso e sia molto meno straziante.