Dopo due generazioni di iPhone (3gs e 4S) ho deciso di convertirmi ad Android (non del tutto a dir la verità, scrivo da un MacBookAir che non cambierei con niente al mondo, a parte un altro MacBookAir). E ho deciso di farlo con lo Yotaphone 2. Telefono ideato da una startup russa.
Troverete diverse recensioni in giro che vi descriveranno per bene caratteristiche di batteria, display (doppio) ecc.. Io ho deciso di scriverne una non da un punto di vista tecnico e oggettivo ma dal punto di vista dell’esperienza che sto facendo di questo telefono.
Comunque se volete le specifiche tecniche le trovate qui. Date uno sguardo anche solo per sapere di che telefono sto parlando dato che non mi metterò a descriverlo in questo post.
Come ogni recensione che si rispetti comincerò dall’unboxing (su questa cosa dell’unboxing si è anche fatto del gran ridere se volete divertirvi guardate qui. Ok, sto divagando.)
Dicevamo, l’unboxing:
      
Tutto è impacchettato, diviso, inscatolato. A parte essere sicuramente molto curata come confezione dà un senso di controllo e rende facile trovare ogni accessorio, contraddistinto ognuno dal proprio simbolo.
La prima cosa di cui abbiamo bisogno è lo strumento per estrarre il cassettino porta sim. Strumento che si usa di solito due volte nella vita ma che comunque invece che essere una versione un po’ più curata di una graffetta ha la sua impugnatura di gomma morbida che funge anche da custodia evitando “punture” accidentali.
A sorpresa il suddetto cassettino porta sim è sotto i tasti volume. Figata a primo impatto. Poi, con l’utilizzo scopro che questo rende i tasti un po’ “ballerini” e che per questo si sentirà un rumore alla “scatola-di-plastica-con-dentro-un-pezzettino-rotto-che-quando-la-prendi-in-mano-e-la-muovi-fa-rumore”; niente di rotto in realtà, e forse me ne sono accorta solo io.
Sim inserita mi butto a configurare lo schermo posteriore, che non ho ancora finito oggi di configurare in realtà, perché sto cercando di trovare la combinazione di widget più adatta a me.
La vista
      
La bellezza di questo schermo con l’e-ink è che può stare sempre acceso e così dovremmo aver eliminato il tic del controllo compulsivo delle notifiche (a detta dell’ideatore).
Be’, non è così. (almeno non dopo una ventina di giorni che ce l’ho).
Infatti, è possible decidere se tenerlo in modalità cover o widget. La modalità cover ha il vantaggio che sopra l’immagine scelta come copertina compaiono le notifiche di TUTTE le app, anche se solo per qualche secondo, per poi sparire e diventare solo un numerino sopra la campanella.
Altrimenti in modalità widget si possono configurare n diversi widget con n diversi formati (quantità di spazio che occupano sullo schermo) ma solo relativi ad app native (sms, mail, chiamate, lettore musicale…)
Quindi, se io invece che usare l’app di mail nativa uso inbox di gmail non ho possibilità di vedere le notifiche di inbox in maniera un po’ strutturata. Funziona invece per il calendario, ma solo perché uso quello di google (anche se fa errori di ingombri sovrapponendo alcuni testi).
      
Di questo secondo schermo quindi sono piuttosto insoddisfatta. Prometteva di saziare la mia compulsione al controllo delle nuove notifiche ma invece non lo fa. Non lo fa perché avrei bisogno di una combinazione dei due schermi. Mi piace molto avere una copertina completamente configurabile da me. Tuttavia manca l’ora per esempio. Come puoi non mettere l’ora.
(ovviamente io non ho letto il manuale [esiste?], se qualcuno sa come fare queste cose che vorrei fare, scrivetelo nei commenti, grazie)
      
Altre cose legate alla vista sono le altre persone. Mi spiego. Riunione, sala piena. Appoggio il telefono sul tavolo, a faccia in giù ovviamente, cioè con il display e-ink visibile. Alè, tutti gli occhi addosso. Ma cos’è? Ma cosa fa? e via di seguito. Che odio!
Soddisfa la vista anche il carica batterie. La scritta Yotaphone si illumina durante la carica. Il downside è che di notte illumina tutta la stanza. Ma sembra che rimanga accesa solo per un po’, non per tutta la carica.
Il tatto
Al tatto, Yotaphone è liscio. Ben più grande del mio iPhone 4S da cui provengo. La mia mano non si è ancora del tutto abituata. Passare da uno schermo all’altro con una mano sola, facendo girare nella mano il telefono, ti fa sembrare di aver in mano uno di quegli aggeggi del futuro che introducono nuove gestualità. Poi la prima volta che il giro va male e ti ritrovi a salvare con due mani il telefono dalla caduta ti rendi conto che è più simile a impugnare una saponetta e cercare di farla girare nel palmo della mano senza che cada (provateci…). Comunque dopo un po’ si impara e diventa un gesto abbastanza naturale.
Come il gesto di sblocco. Il tasto è uno, per due display. Ma “magicamente” sa quale dei due display sbloccare (non sempre, ogni tanto sbaglia).
C’è un elemento che mi provoca ansia, legato in qualche modo al tatto. Tutta questa storia del doppio schermo ha senso se si prende l’abitudine di appoggiare il telefono a faccia in giù, con lo schermo a colori a contatto con la superficie. Ovviamente l’ansia che mi provoca è quella di rigare questo schermo. Motivo per cui ho comprato il bumper disponibile sul sito ufficiale alla modica cifra di 16€ (è un pezzo di gomma…)
L’udito
I suoni delle notifiche sono molto discreti. C’è una buona scelta. E, sì, i primi giorni ho fatto quella cosa da bimbiminkia di scegliere la suoneria. -.-
Sono giunta alla conclusione di tenere dei suoni discreti, poco invasivi. Proprio perché dovrebbe essere l’occhio ad essere maggiormente soddisfatto dallo schermo e-ink. E mi piace questa nuova filosofia, sono io a decidere quando guardarlo. Non lui che reclama la mia attenzione con insistenza.
Cosa mi manca dell’iphone
La cosa che mi manca di più è la modalità non disturbare programmabile. (Yotaphone monta Android 4.4.3 e non ho trovato una funzionalità simile).
Tutto il resto non mi manca, finalmente ho davvero tutti i miei dati sincronizzati sull’account google.
Curiosità? volete sapere qualcosa? scrivete nei commenti!
					
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